TROMBA E TAMBURO

A Procida la Pasqua viene vissuta attraverso un rito vivo da secoli, contenente aspetti magici e simbolici di particolare significato antropico.
Una strana atmosfera si respira già dal Giovedì Santo e raggiunge l'apice di forza all'alba del Venerdì, quando una tromba, suonata a turno da quattro uomini con un intervallo seguito da tre colpi di tamburo, fa la "chiamata" avvisando tutti che è giunta l'ora di partecipare alla morte di Cristo.
Il suono, prodotto solo dal fiato dei suonatori, è difficile e particolare in quanto unico. Alcune fonti indicano che il rito procidano nacque come fatto storico, riprendendo cioè, quello dei romani nei cortei dei condannati a morte, altre la indicano come una tradizione sonora tramandata da generazioni e, soprattutto, innata negli abitanti di Procida; altre ancora indicano che gli "squilli" hanno un significato di risveglio del popolo che vuole partecipare alla Passione e Morte di Cristo.
Il suono della tromba cambia ad ogni squillo in quanto la stessa è senza tasti nè partitura, tuttavia, in una esecuzione si è rilevato un intervallo con scala DO SOL MI e con un inizio scala DO SI LA SOL con successiva discesa in MI.
Oppure, ad un altro ascolto, l'inizio è sicuramente una presunta scala in RE bemolle RE DO SOL MI bemolle; di seguito è presente una melodia discendente con tre intervalli e tre soste.
Il tutto, anche a maestri di banda esperti, è risultato impossibile da riprodurre con gli strumenti tradizionali.
Il gruppo si allena, come tradizione, nei quaranta giorni prima della Pasqua. Le prove vengono effettuate di sera in luoghi isolati, una volta addirittura nelle "Piscine" in quanto il suono stridulo e straziante può sconvolgere l'animo ed i timpani di chi l'ascolta. Insomma la tromba, come vuole la tradizione, deve sentirsi e non vedersi.


- Testo a cura di Francesco Marino, tratto dal sito Procida-Blogolandia.
- Foto (1) tratta dal sito Procida-Blogolandia e foto (2) tratta dal sito I ragazzi del Misteri.